lunedì 31 dicembre 2007

un giusto tributo a chi fa informazione "casalinga": gli amici di interno 11

Ecco un doverso tributo tramite il mio blog al più grande giornale di informazione online di stampo domestico realizzata oltre un anno fa da 5 ragazzi fuorisede di origini calabro-sicule risiedenti nella capitale, ed iscritti in varie facoltà della Lumsa. Il progetto di Interno 11 (dal numero dell'appartamento sulla via Tuscolana che è sede della redazione, oltre che prezioso rifugio dei nostri) è semplice. Raccontare ogni mese le proprie peripezie tramite un sito dedicato di cui trovate il link a lato, e distribuire via mail ai propri contatti l'edizione del giornale appena realizzato. Luigi Di Martino (direttore), Salvatore Gieri (vicedirettore), Antonio e Francesco Cataldo, Corrado Latino: ecco i nomi dei magnifici 5, che con spontaneità, ironia e competenza editoriale e tecnologica sono riusciti a farsi conoscere ben oltre il raccordo....bravi ragazzi, continuate cosi! Vi ringrazio per aver potuto scrivere anche io un paio di pezzi nel vostro giornale, che sta a testimoniare che spesso, quello del fuorisede nullafacente è soprattutto uno stupido clichè.
Di seguito potete trovare due divertenti video tratti da interno 11 tv, la costola multimediale recentemente sorta per volere della redazione, che ben riassumono l'anima di goliardia e onestà intellettuale che indissolubilmente fuse fanno di interno 11 un prodotto divertente, geniale e spontaneo, che di mese in mese ci racconta di lauree, arrivi, partenze, liti, curiosità e vita di un nucleo amicale come pochi al mondo.





la videoinchiesta del nostro gruppo: affitti a Roma, che follia!



Un grazie al fantastico pool di ragazze con cui ho avuto il piacere di lavorare per la realizzazione del nostro reportage: Giulia Mariotti, Michela e Francesca Carè, Francesca Neri....belle, brave e simpatiche!

domenica 23 dicembre 2007

Un film capace di fermare il tempo: "Che ne sarà di noi"



In questo periodo di vacanze natalizie, gioioso, operoso e un tantino strappalacrime, mi è capitato di rivedere assieme ad alcuni amici "Che ne sarà di noi", una pellicola che ricordo con grande affetto ed alla quale sono rimasto legatissimo per svariati motivi. Anzitutto perchè questo film diretto con leggerezza e maestria da Giovanni Veronesi, uscì a due mesi circa dallo svolgimento del mio esame di maturità classica, nell'aprile del 2004, portandomi a vivere una sorta di simbiosi con i protagonisti della storia. Già, perchè la trama tratta di tre ragazzi, Matteo (il pluricelebrato Silvio Muccino), Paolo ( Giuseppe Sanfelice) e Manuel (Elio Germano, bravissimo in "Mio Fratello è figlio unico"), che si trovano, in un rovente inizio d'estate capitolina, alle prese con l'esame di Stato. Al termine di scritti ed orali, Paolo, il "secchione" del gruppo, ricco, intelligente e amante dello squash e Manuel, più estroverso, borgataro e coi capelli da rockettaro, vengono coinvolti da Matteo nel più classico dei viaggi post-maturità, meta la splendida isola di Santorini in Grecia. I ragazzi partono entusiasti e spensierati, con la voglia di divertirsi e spaccare il mondo tipica dei 19 anni, ignari della reale motivazione che ha spinto Matteo-Muccino junior a scegliere l'Ellade come meta del gozzoviglio. Questa spiegazione ha le forme e la sensualità acqua e sapone di Carmen (Violante Placido), la fidanzata di Matteo, molto più grande di lui, che poco prima del termine degli orali parte per Santorini assieme ai propri familiari, in attesa che il ricco immobiliarista Sandro (Enrico Silvestrin), il suo "uomo maturo", venga a trovarla sul proprio yacht extralusso per "allietarle" le giornate. Pensando di fare una sorpresa alla sua amata, e ignaro del tradimento perpetratogli da tempo, Matteo vivrà assieme ai suoi splendidi compagni di viaggio un'esperienza estremamente formativa, come capita a quelle persone che, stando a stretto contatto l'una con l'altra per diversi giorni, finiscono per conoscersi molto meglio ed eventualmente detestarsi un po' di più. Sono diverse le scene che mi restano impresse, come quando, rannicchiato nel sacco a pelo, guardando un cielo stellato, Matteo chiede goffamente ai propri amici: "Ma che Santo è Santorini?", oppure quando Manuel, impegnato in una partita a calcio in spiaggia contro dei tedeschi, prima fa lo spavaldo e, stanco di rispondere alla chiamata di un amico di Roma, dice "Ma che Totti quanno sta pe tirà je rompono cor cellulare??" e subito dopo scoppia a piangere e butta rabbiosamente il telefonino in mare per aver appreso della sua bocciatura agli esami di maturità. Si tratta di un film che nella sua struttura dialogica semplice, lineare, riesce però a dipanare bene i messaggi che intende comunicare alla platea: la perdita della spensieratezza, il termine di una età goliardica come quella del liceale, la necessità e la paura di tre ragazzi come tanti nel vedere cosa c'è nel proprio domani, e la voglia di essere più forti dei problemi e delle insicurezze che ci accompagnano giorno dopo giorno. In una parola, una splendida storia senza età, sul come tre bambocci incominciano a diventare uomini, imparando dai propri errori. Tuttavia i tre ragazzi risponderanno a questo tourbillon di eventi vancanzieri in maniera del tutto inaspettata rispetto alle premesse di inizio film. Il tanto assennato Paolo, che rincorreva i due amici quando appena arrivati in Grecia ne combinavano di tutti i colori ( scappare a razzo senza pagare al ristorante, tuffarsi nelle piscine dei megavilloni dei ricchi del posto dopo aver saltato le recinzioni, ecc...) partirà per la Turchia senza tornare a Milano per iscriversi alla facoltà di Economia, dopo esser rimasto folgorato dall' incontro con una procace ragazza-madre che lo raserà completamente a zero. Manuel, che dal primo fotogramma incarnava la figura del tipico bulletto romano, guascone, eccessivo e un tantino manesco, tornerà a Roma da ripetente e col volto tumefatto dopo la rissa con tre inglesi che stavano massacrando un povero cagnolino sotto ai suoi occhi, ed accetterà di aiutare la madre vedova nel negozio di animali che aveva sempre detestato. Infine Matteo, dopo essere stato ampiamente dileggiato dai due amici non appena viene scoperto il reale motivo del viaggio in terra ellenica, capisce che Carmen non è la donna che fa per lui, essendo volubile, supponente e viziata e la abbandona, non prima di averla salvata da un party tutto orge e cocaina organizzato nello yacht di Sandro-Silvestrin.
Pertanto, oltre ad essere legato a questo film per il periodo che questi è capace di ricordarmi, ciò che mi lascia un'aura di magia ogni volta che lo guardo è proprio quella sensazione di chi, come me, si rivede in tantissime espressioni e atteggiamenti messi in scena da questo ottimo e giovane cast, e forse, si ritrova irrimediabilmente diverso da quattro anni fa. A corroborare la bellezza di questo piccolo gioiello del nostro cinema,realizzato praticamente a costo zero (e giustamente premiato nel 2005 con il David di Donatello) contribuisce la splendida colonna sonora realizzata da Gianluca Grignani ed Andrea Guerra. Il tormentone che fa da riff a tutto il lungometraggio si intitola proprio "Che ne sarà di noi" e ve lo lascio gustare nel secondo video posto in allegato alla fine dell'articolo. Concludo segnalandovi una chicca: proprio in "Che ne sarà di noi" fa il proprio esordio sul grande schermo Katy Louise Saunders, qui autrice di una particina nel ruolo di "Cicalina" la ragazza da sempre segretamente innamorata di Matteo-Silvio, tanto da seguirlo a sua volta in grande incognito durante il viaggio in Grecia.La Saunders sarà poi protagonista dei blockbuster adolescenziali "Tre Metri Sopra il cielo" e "Ho voglia di te", in coppia con l'altro bellone emergente del cinema nostrano, Riccardo Scamarcio.




martedì 27 novembre 2007

un numero 11 fatto di sudore e sangue





Premetto che non sono per nulla obiettivo nello scrivere questo articolo, come non potrebbe esserlo un sostenitore del proprio idolo, in qualsiasi contesto questi si trovi ad operare. Che si tratti di un politico, di uno sportivo, di una figura storica, di un funzionario di stato, di un uomo di spettacolo, o chiunque ognuno di noi stimi particolarmente, credo vi sia una cosa da precisare riguardo a quel che si intende per "idolo". Almeno per me idolo è quella figura che meglio incarna il mio modo di essere, in cui riesco a rivedere in parte o in tutto la mia personalità, il mio stile, il mio modo di approcciarmi al mondo. Dunque non necessariamente il numero 1 di sempre, non il personaggio maggiormente strombazzato dai media o sbrilluccicante di paillettes e carico di onori, in poche parole, non IL migliore in valore assoluto. Tutto questo è per me Alberto Gilardino da Cossato, provincia di Biella, nato nell'anno domini 1982, professione centravanti, in una squadra scomoda, grande e bella, ma sempre scomoda, il Milan. Nato in una annata per noi calcisticamente gloriosa, allorchè ci alureammo per la terza volta campioni del mondo durante il "Mundial" di Spagna, Gilardino fa validissima compagnia ad altri ragazzi d'oro dell'82', Cassano e De Rossi solo per citarne alcuni.
I due video che vedete sopra (anche da simile abbondanza si intende che l'obiettività c'è ma la passione sovrasta il tutto!)stanno a testimoniare quel che dicevo pocanzi: si tratta di un ragazzo comunissimo, venuto fuori dal settore giovanile del Piacenza, non della Roma o della Juventus, che lavorando giorno per giorno ha saputo affinare la sua tecnica e sfruttare al meglio la sua enorme potenza e intelligenza tattica. Mi rivedo in lui per la sua grande carica emotiva, per quella capacità di rispondere alle critiche sul campo, senza mettere in mezzo compagni, stampa o allenatori. E sapendo anche incassare batoste mediatiche forse ingiuste, rispondendo con la forza dei suoi 94 gol in serie A e con Mondiale e Champions League in tasca a soli 25 anni. C'è chi dice che ha abituato eccessivamente bene la sua platea negli anni di Parma, forse è vero, perchè per qualsiasi professionista, in qualunque lavoro, quando dai l'idea di essere THE ONE, la nuova faccia pulita, inarrivabile e vincente, non hai scampo, devi sempre fare non bene ma benissimo. Forse giustamente, forse no, perchè attingendo all'enorme Pozzo di San Patrizio dei luoghi comuni, il calciatore non soffre, il calciatore ha sempre donne, soldi (nel caso di Gilardino molto meno di tanti suoi colleghi, 2.5 milioni di euro all'anno) e fama, dunque deve produrre spettacolo a getto continuo. Verissimo, dai muratori ai metalmeccanici c'è chi sta peggio, però c'è da dire che il nostro da quando è al milan in 2 stagioni e spiccioli ha per ora messo a segno 35 reti solo in campionato, col picco di 17 centri quando faceva coppia con un certo Shevchenko (quello vero però!)
"Gila", come lo chiamano i tifosi, è cresciuto, è forse meno spensierato e guascone in campo, non mima più il violino quando va a segno, forse perchè sente il peso di essere in una società come il Milan, più cosmopolita e meno a dimensione umana di Piacenza, Verona e Parma. Ha fatto i suoi errori,superando tra l'altro le forche caudine di "vallettopoli", qunado la scorsa estate rischiava di essere triturato da quell'uomo di dubbio gusto quale è Fabrizio Corona. Soprattutto quando giocava nel Verona stava per morire in un incidente d'auto, quando finirono tragicamente in un fiume lui ed il suo allora compagno Giuseppe Colucci, che era alla guida. E in molti si dimenticano che la concorrenza nel suo campo, Gilardino per ora l'ha sempre vinta, al Verona togliendo il posto ad Adailton, a Parma scalzando Adriano, che ora ha problemi psicologici (?) che non possono essere risolti in campo. Concludendo, io come lui ho spesso il difetto di voler spaccare il mondo, come si dice in gergo, di voler dimostrare sempre qualche cosa di troppo a chi critica. Questo è un grande sbaglio, perchè si tratta di un atteggiamento che toglie lucidità alla mente e dà ansia. Mai mi era capitata una tale simbiosi con un Vip, come orrendamente Gilardino viene descritto dalle testate scandalistiche, e per questo sono orgoglioso di sbandierare questa stima sul mio blog, senza paura di essere tacciato come esagerato o puerile. Provate a chiedere ad un vero un tifoso della Roma se Totti non è l'ottavo Re di Roma, se non è degno di tutti i post di questo mondo.
P.S.: la folgorazione totale e insensata è scattata dopo essermi consumato gli occhi rivedendo almeno 20 volte il gol segnato dal "Gila" al Lecce in rovesciata nell'ultima giornata del campionato 2004\2005, che potete ammirare nel primo video più o meno al minuto 4:27. Tutto questo per la precisione!

lunedì 26 novembre 2007

inchieste global local: quando Davide diventa Golia



Questo video tratta dei problemi di viabilità di Rometta, piccolo centro urbano nell'hinterland messinese. Si tratta del classico esempio di inchiesta che da un ambito prettamente locale riesce ad assumere una visibilità quantomeno superiore, semplicemente sfruttando le potenzialità della rete telematica. Tutti oramai ne sono consci ma le enormi possibilità che internet fornisce all'utente odierno, vanno una volta di più ribadite. In questo caso vengono poste in risalto le pessime condizioni di un tratto stradale di una modesto paese della Sicilia, tuttavia pare che proprio grazie a questo video girato con tecniche assolutamente alla portata dei più, i cittadini di Rometta siano riusciti a ottenere il miglioramento non solo di questo tratto, ma di gran parte delle rotatorie e della segnaletica del paese. Quando appunto, il locale diviene globale ed anche solo per qualche giorno, Davide diventa Golia, assurge agli onori della cronaca e fa conoscere problematiche che molto probabilmente resterebbero irrisolti e sottaciuti dalle stesse autorità comunali e regionali. Abbiamo diversi strumenti di democrazia a livello di tecniche comunicative. Tuttavia è ben più complicato saperli sfruttare nella maniera più adeguata, per risanare tante piccole storture a partire dalle cose più immediate, come può essere una strada dissestata nell'assolata e splendida patria di Pirandello.

sabato 24 novembre 2007

Francia nel caos: studenti anti-Sarko in azione alla Sorbona



Questo video tratto da Youtube relativo alle proteste degli studenti di Nanterre (la sede distaccata della Sorbona) del 13 novembre, serve ad introdurre la tematica della nuova protesta universitaria inscenata il 23 novembre, venerdi scorso, di fronte ad uno degli ingressi della sede centrale del prestigioso ateneo parigino.
A seguito di questi ultimi scontri tra studenti "Anti-Sarko" e ragazzi che volevano continuare imperterriti a seguire le lezioni, il rettorato della Sorbona e l'Unef, uno dei più celebri ed importanti comitati studenteschi dell'Esagono, hanno concordato di comune accordo l'interruzione delle lezioni e la chiusura di tutti gli uffici almeno fino a lunedi 26 novembre. Questo perchè non era possibile garantire la sicurezza ed il diritto allo studio di chi con questa protesta non voleva avere nulla a che fare. Protesta nata per dare contro al paventato decreto legge presidenziale che vorrebbe dare maggiore autonomia agli atenei francesi, per ridistribuire in maniera maggiormente efficace il gettito del credito a disposizione dei vari rettorati. Per fare ciò, Sarkozy garantirebbe ancora maggiori poteri alla figura del rettore, da eleggere ogni 4 anni, facendogli così assumerebbe i contorni di un vero e proprio "supermanager". La frangia studentesca di estrema sinistra gli contesta questo desiderio di dare una impronta "imprenditoriale" alle università pubbliche, tacciandolo di arrivismo ed accusandolo di essere un razzista capitalista (in riferimento ai mai dimenticati rancori derivanti dagli incidenti nelle banlieues parigine dello scorso settembre). Dopo che l'ottobre nero susseguente alla protesta degli addetti ai trasporti volge oramai al termine (in quel caso la contestazione era avvenuta contro la riforma dei regimi pensionistici speciali, che vedeva coinvolta la categoria), un'ulteriore emergenza non dà pace al nuovo inquilino dell'Eliseo. Tuttavia "Sarko" fa filtrare ottimismo riguardo alla situazione corrente, forte delle mille difficoltà derivategli da una infanzia non certo agiata, e delle precedenti battaglie mediatiche vinte a suon di fatti, anche andando contro l'opinione pubblica. In particolare rimangono famose le dichiarazioni che Sarkozy lanciò proprio riferendosi all'emergenza sorta nelle periferie della capitale, contestando Lilian Thuram, calciatore originario della Guadalupa della nazionale transalpina attualmente in forza al Barcellona. All'epoca pur non essendo ancora Presidente, ma soltanto un insigne membro del partito degaullista, Sarkozy rispose a Thuram, che lo criticava dalle pagine di France Football, dicendogli: "La violenza nelle nostre periferie conosce una sola via per essere placata, cacciare via tutti coloro che non sono rispettorsi e funzionali all'unità del Paese". Dichiarazioni come queste danno l'idea di un Capo di Stato dalla personalità forte, di un uomo capace di essere eclettico nei propri approcci alle problematiche. Difatti "Le President" ha già dato ad intendere ai media francesi di essere pronto a sanare questa ennesima controversia aprendo un dialogo col fronte studentesco più intransigente ragionando su basi d'accordo più larghe, a patto che a prevalere sia il buon senso.

domenica 18 novembre 2007

Emergenza rom nella capitale: voce ai cittadini

Questo video è tratto dalla trasmissione televisiva "l'infedele", non a caso una delle mie preferite e racchiude molto bene in pochi minuti quelli che credo siano i problemi e le domande fondamentali da porsi riguardo al fenomeno dell'emergenza rom. Inoltre si tratta di uno spezzone utile ad introdurre l'articolo che ho riportato di seguito. Ho intervistato sull'argomento alcuni miei vicini di casa, che abitano alla periferia sud di roma (abito nel quartiere dell'infernetto, vicino ad ostia) e in alcuni casi, con mia grande soddisfazione, non hanno dato risposte propriamente scontate!

Roma e l’emergenza rom: anno 2007
Parole, opinioni e prospettive dalla periferia capitolina

Dopo l’assassinio di Giovanna Reggiani avvenuto pochi giorni fa a Tor di Quinto per mano del rom di origine romena Romulus Mailat,l’animo della gente da me intervistata sembra molto simile a quello del saggio padre di famiglia che dice al proprio figlio: “Io te l’avevo detto!”.
Infatti nella vasta area della periferia capitolina che ho preso a campione, (Acilia, Axa, Casalpalocco ed Infernetto), si respira un’aria di rassegnazione mista a rabbia in merito alla vicenda di Tor di Quinto ed ai successivi atti di rappresaglia contro altri romeni.
Parlando con Mirella Marcotulli, 51 anni, residente al quartiere Infernetto e di professione casalinga, annoto il suo pesante sfogo: “Non è possibile andare avanti in questa maniera, stavamo solo aspettando che venisse uccisa la moglie di un alto ufficiale della marina militare per fare in modo che il nostro governo prendesse dei provvedimenti, che a me sembrano raffazzonati e di facciata” ed inoltre, dice la signora Marcotulli “La situazione non è certo una novità per nessuno, sono decenni che vado a fare la spesa al supermercato Gs vicino alla stazione centrale di Ostia e dopo le sette vengo attorniata da polacchi, romeni e zingari che mi tormentano con pesanti apprezzamenti, una volta sono stata anche palpeggiata”.
A quanto pare l’insofferenza era dunque latente, almeno in quest’area di Roma, e la gente pensa che l’assassinio di Giovanna Reggiani non sia stato altro che una logica conseguenza di una selvaggia e mal regolata apertura delle frontiere, che il recente approdo di Bulgaria e Romania nella U.E. ha contribuito ad aumentare.
Questo è infatti quanto traspare dalle affermazioni del secondo intervistato, Antonio De Marini, 43 anni, meccanico, da anni residente a Casalpalocco: “ Io oramai ho fatto l’abitudine a tutto questo via vai di rom e quant’altro, per me l’emergenza di oggi rappresenta un problema soprattutto per la sicurezza dei miei figli, ho paura anche solo a lasciargli prendere l’autobus da soli, eppure sono già grandicelli, hanno 14 e 15 anni”. Alla domanda di cosa ne pensa del lavoro svolto dal governo italiano, dei provvedimenti sanzionatori attuati e del perché tutto questo sia potuto succedere, il signor De Marini risponde che “ quello che è stato fatto è giusto, però come al solito noi italiani aspettiamo che i buoi siano scappati prima di chiudere la stalla, si poteva agire con molta più calma e con maggiore decisone, adesso si rischia di fare d’ogni erba un fascio. Parlando del differente trattamento riservato agli stranieri da altre nazioni, mette sul tavolo un'altra questione: "Perchè in Inghilterra o negli Stati Uniti ci sono regole molto più ferree per l’immigrazione, mentre da noi sembrano venire solamente i peggiori elementi di ogni Paese? sembriamo un lazzaretto. Ecco, questo io non lo accetto".
Spostandomi pochi chilometri più avanti, ad Acilia, intervisto lo storico titolare del Bar Laura, Stefano Mandolesi, 61 anni, detto “Er mando”, che sui ragazzi rom ha una decennale esperienza, servendo centinaia di caffè e quant’altro ai numerosissimi braccianti ed operai che affollano il suo esercizio per ristorarsi.
Interrogato sul tema della mia inchiesta, “Mando” è lapidario: “ Guarda, credo che storie come quelle di Tor di Quinto siano sempre esistite, e penso che sia ingiusto dare addosso ad un popolo intero per le colpe di un singolo elemento spiantato”. Subito dopo, il titolare del bar mi indica un ragazzo con la parannanza viola, alto, coi capelli biondi e corti, e dice: “ Quello là che sta facendo le brioches è Marius, è un rom romeno e ha tre figli, tutti qua con lui ad Acilia assieme alla moglie”, si ferma un attimo e riprende borbottando: “ Se tutti fossero esemplari come lui, avessero pazienza e spirito di sacrificio, accettando anche i lavori più umili e rifiutandosi di compiere certi misfatti cambierebbero tutti idea riguardo ai rom ed agli extracomunitari”.
Io gli rispondo che purtroppo se ti trovi a nascere in determinati contesti socio-economici puoi essere spinto dalla forza della disperazione a compiere certi gesti, e lui replica dicendo che “Può essere vero, ma anche noi italiani quando siamo andati a cercare fortuna in America abbiamo creato problemi simili, ma negli Stati Uniti hanno avuto tutto un altro approccio, molto più duro, noi abbiamo dovuto adattarci, non avevamo scelta”. Parlo al signor Mandolesi delle recenti norme entrate in vigore in questi giorni, dove è stata disposta, ad esempio, l’immediata estradizione di tutti i soggetti ritenuti anche solo potenzialmente pericolosi, e lui mi risponde così: “ Credo che di per sé le leggi siano ottime, ma vadano fatte rispettare sempre, non a corrente alternata, e nella mia personale esperienza ho notato che questo non succede a lungo in italia, i primi tempi le forze dell’ordine saranno rigidissime, poi finirà tutto a tarallucci e vino aspettando il prossimo morto”.
Come ultimo testimone scelgo di intervistare la mia ex professoressa di filosofia del liceo, Emanuela Trocino, 48 anni, residente in Piazza Eschilo, nel cuore pulsante del quartiere Axa, una delle zone più chic della periferia in cui vivo, immersa nel verde.
Le domando subito le sue impressioni riguardo il fenomeno dell’immigrazione e della sicurezza e lei mi risponde, tra il serio e il faceto: “Caro Giovanni, ti aspettavi qualcosa di diverso? La disperazione è una forza pazzesca, i problemi di oggi sono legati al fatto che tutta questa povera gente nel proprio Paese, anche in Romania, vive in condizioni pessime, e perciò partire all’avventura, derubare e ammazzare è necessario”. Detto questo le chiedo la sua opinione riguardo l’etnia rom, che è stata duramente attaccata in questi giorni, e la Professoressa Trocino risponde secca: “al di là di ogni ideale politico è molto difficile far andare d’amore e d’accordo due civiltà totalmente diverse tra loro come la nostra e quella dei rom, dove il furto è ammesso e considerato un mezzo lecito per la sopravvivenza, dove la donna è ancora lontana anni luce dalla condizione della femmina occidentale”.
Desideroso di approfondire questa tematica, chiedo all’intervistata di spiegarsi meglio, e cercando di proporre anche una eventuale soluzione, e ricevo questa risposta: “ Da parte degli organismi internazionali è molto difficile doversi confrontare con una etnia, come quella rom, che non ha un governo, non ha una nazione entro il quale risiedere e si fa beffe di numerosi principi inviolabili dell’uomo, permettendo ad esempio lo sfruttamento della prostituzione e l’accattonaggio”. Per quanto riguarda le possibili soluzioni adottabili, la docente spiega come “ bisognerebbe mettere in risalto tutti quei casi positivi di personalità anche molto importanti quali professori, esercenti, studiosi e sportivi di origine rom che hanno saputo far risaltare le proprie capacità rispettando la legalità” ed aggiunge inoltre che “ non bisogna essere miopi nel far finta di non vedere che questa situazione è figlia di secoli di pregiudizi anche da parte nostra, che dopo la caccia al nero o all’ebreo adesso sarebbe sbagliatissimo generalizzare perché ci vorrà molto tempo, ma la situazione è ricomponibile”.
Giunti alla fine di questo spaccato che ritrae parte della periferia sud-ovest di Roma, si vede soprattutto che l’esasperazione è tanta e che nonostante tutto la gente si aspetta dalle istituzioni italiane e da quelle di respiro internazionale la prosecuzione del dialogo col governo di Bucarest unitamente all’applicazione continuativa dei dispositivi di legge appena varati. Oltretutto dalle dichiarazioni appena riportate traspare una ferma volontà di non dare adito a rigurgiti di razzismo, ma di fare attenzione soprattutto a cercare di capire come poter integrare e regolamentare l’afflusso del popolo rom, che per lungo tempo è stato catalogato nell’immaginario collettivo come una popolazione di serie B. Molto probabilmente questo è uno dei motivi principali che ha reso farraginosa la pacifica convivenza tra i rom e tutti noi, anche perché in tutti questi anni da ambo le parti è mancata la reale volontà di ricucire uno strappo che adesso si è trasformato in voragine. Personalmente ad esempio credo che a differenza delle popolazioni di colore, che hanno potuto giovarsi dell’apporto di figure carismatiche come Martin Luther King e Malcom X, i rom, volgarmente chiamati zingari, non hanno mai avuto la volontà \ possibilità di avere un mediatore, un paladino che lottasse civilmente per difendere i loro diritti e far percepire in maniera corretta le proprie aspirazioni.

sabato 17 novembre 2007

Gabbo Sandri, ultras per caso

Conoscendo le passioni di Gabriele Sandri, la musica techno e la s.s.lazio, le serate in discoteca passate da dj resident, si intuiva che fosse un ragazzo come tanti, che soddisfano il proprio bisogno di svago in modo sano e spensierato. Gabriele, romano della balduina, non era però un ultrà, non era un violento, ha pagato la foga e l'imprudenza di un poliziotto della polstrada. L'Agente lo ha ucciso con un colpo di pistola mentre Sandri tentava la fuga assieme ad altri suoi amici che, loro sì, avevano avuto una colluttazione con altri ultrà juventini nell'autogrill di Badia al Pino, nell'aretino. Gabriele ed i suoi amici stavano dirigendosi in auto verso Milano, stadio S.Siro, per andare a sostenere la compagine biancoceleste in trasferta contro l'Inter. Una domenica di normale passione "pallonara" collettiva, che un assurdo concatenarsi di conseguenze ha trasformato in tragedia. Da quella domenica mattina si è poi sviluppata la protesta degli ultrà di tutta Italia, che in maniera più o meno garbata, o addirittura violenta, hanno mostrato il proprio dissenso nei confronti dei nemici di sempre: le istituzioni e, soprattutto, il poliziotto. L'assalto alle caserme di Roma, la sospensione della partita con tanto di cori beceri provocata dai tifosi atalantini a Bergamo, dove atalanta-milan è durata solo 7 minuti, rappresentano solo gli emblemi di una domenica surreale. Lo strumentalizzare la morte di un ragazzo per dare sfogo agli istinti più bassi dell'essere umano è orribile, ingiusto, vigliacco. Il mondo ultrà si dice scandalizzato perchè il campionato non è stato completamente sospeso come avvenne nel febbraio scorso, all'epoca dell'assassionio del commissario capo Filippo Raciti, avvenuto nelle vicinanze dello stadio Cibali di Catania. Delitto compiuto per mano di un ultrà catanese, che aveva colpito in occasione del derby siculo Catania-Palermo, agendo come da prassi cercano di fare tutti i gruppi violenti del tifo organizzato nel mondo. Ora che a cadere era stato un tifoso, ora che le "guardie" avevano colpito, volevano lo stesso trattamento, non si poteva permettere che lo show proseguisse. Molto probabilmente si tratta solo di un pretesto, perchè tutti, dalle istituzioni ai tifosi, alle società calcistiche, sono vittime di questo nugolo di belve che si sentono in dovere di tenere in pugno uno stadio intero soltanto facendo leva su ideologie posticcie e sulla legge del più forte. Purtroppo c'è chi dice che il nostro calcio sia lo specchio pressochè fedele della società in cui viviamo. Possiamo essere in dissenso o meno, ma sia in un poliziotto che spara a bruciapelo temendo qualcosa di ben più pericoloso di una scazzottata tra ultrà, sia nella barbara furia degli ultras c'è da riflettere. Pensando intensamente a Gabbo, che ora non c'è più, e starà intonando in cielo l'inno della sua amata lazio.